Wimbledon 1960: diario di un ‘giornatore’
Giornalista o scrittore… scrittore o giornalista… perché scegliere? Date il benvenuto al ‘giornatore’!
Gianni Clerici, a dispetto di chi presumeva di poterlo inquadrare, aveva deciso di non dimezzarsi, ma di raddoppiarsi — e di questo gli saremo eternamente grati. Amava definirsi ‘giornatore’, perché la marcia in più della sua penna stava proprio nella capacità di fondere due mondi paralleli, spesso mutuamente impermeabili: da un lato i suoi articoli di giornale, diventati oggetto di culto per l’imprevedibilità dell’intreccio e quell’atmosfera colta e rarefatta; dall’altro i suoi romanzi, pervasi dai tratti tipici della cronaca, tanto che lo sguardo del narratore pare quello di un corrispondente, che ficca il naso nel dietro le quinte degli avvenimenti e ne riporta i dettagli più reconditi.
L’occasione ideale per cogliere il talento di Clerici nella scrittura ci è offerta dal torneo di Wimbledon, la competizione tennistica per antonomasia, nonché la più antica del mondo. L’edizione in questione è quella del 1960, quando l’australiano Neale Fraser conquista il titolo del singolare maschile battendo in finale il connazionale Rod Laver, reduce da una semifinale leggendaria contro il nostro Nicola Pietrangeli: proprio quest’ultimo match, terminato al quinto set, è oggetto del presente focus, in cui vedremo Gianni Clerici all’opera con l’articolo di giornale prima e con il romanzo poi.

Il 29 giugno, sulle colonne de Il Giorno, racconta così alcuni momenti salienti del duello Pietrangeli-Laver:
Pietrangeli ha perso contro Laver l’occasione di vincere Wimbledon: l’ha persa per averne avuto coscienza, mentre l’australiano si affannava a difendersi senza aver tempo di pensare, di aver paura, di soffrire come Nicola quando il gioco gli sfuggiva di mano e il vento trascinava la palla a impensati capricci. […] Ma col vento Laver si butta avanti e il gioco di Nicola diventa gelido, si frantuma. […] Nicola s’arrabbia, sferra tre passanti che Laver ripiglia caprioleggiando: perde il punto sul quarto, e il nostro gli fa un gesto trasteverino, mandandolo all’inferno. […] E arriva questo maledetto quinto set: Nicola ha in mano Laver e quello gli guizza via con invenzioni geniali.

Sono pennellate convinte, assestate da Clerici con una scrittura vivida, quasi sensoriale e tattile, tanto che la partita resta impressa sulla carta e si può percepire nitidamente.
Lo stile adottato nella controparte letteraria sarà diverso, più elegante e misurato: ci troviamo nel romanzo Londra 1960, che insieme a Costa Azzurra 1950 e Alassio 1939 compone il trittico intitolato I gesti bianchi, una delle opere più emblematiche del Clerici scrittore. Qui l’autore lascia sfogare la sua vena poetica e dà vita a immagini emblematiche, che si muovono di pagina in pagina, sull’erba dei prati antistanti il Centre Court, «tra famiglie che consumano il pic-nic, le signore con i loro incredibili cappelli fioriti, i gentiluomini troppo ben vestiti, i bambini in blazer colorato». La partita viene descritta per mezzo di brevi lampi estremamente suggestivi, quasi fossero delle piccole poesiole incastonate nell’ordito del racconto:
Guarda Nicola con i suoi occhietti acquosi, Laver, di sotto il ciuffo rossastro: avvita la punta del destro all’erba ingiallita; e ne fa puntello, per scattare a rete dietro alla pallina ruotante, ellittica per l’effetto.
Nicola ha atteso quel proietto saltellando, libera il braccio in ampio schiaffo di rovescio, e la palla fora una lama di sole lungo la linea laterale mentre Laver si butta, puntellandosi con la destra per non cadere, e finisce di piroettare su se stesso mentre la gente applaude […] Laver ha servito una prima palla che taglia l’aria come una frustata. Nicola ha domato quella palla assassina, ne ha tenuta bassa la traiettoria, tanto che Laver ci è quasi inciampato.
L’epilogo del match non sorride a Pietrangeli, che riesce comunque a mantenere il suo proverbiale contegno e a non scomporre quel portamento umile e nobile al contempo, che ha fatto di lui un campione amatissimo dentro e fuori dal campo, come dimostrano le parole scelte da Clerici: «Nicola mostra tutta la sua buona grazia, abbraccia Laver, si inchina alla duchessa di Kent come a scusarsi di non aver saputo far meglio».
Londra, 29 giugno 1960, semifinale: Rod Laver – Nicola Pietrangeli 4-6; 6-3; 8-10; 6-2; 6-4.
Sempre a Wimbledon, un paio di settimane più tardi (15-17 luglio) si sarebbero giocate le semifinali della zona europea di Coppa Davis tra i padroni di casa britannici e l’Italia di Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola. Tra le pagine de Il Tennis Italiano dell’epoca compare una simpatica fotografia che ritrae i due atleti italiani in abiti eleganti, magari intenti a confabulare ironicamente sullo stringente dress code vigente in quel di Londra, in particolar modo entro i cancelli dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club.
